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> Nobel Per La Medicina A Un Italiano, Per le staminali di embrioni murini
NvO
messaggio 10 Oct 2007 - 14:55
Messaggio #26


sciuscià
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ma l'hai messa in risalto! il fatto è che ci sono anche altre interpretazioni. e che la ricerca aveva ad oggetto embrioni di topo.
con il tuo sottotitolo, semplicemente, si capiva che era successa una cosa diversa!

così un utente vede di cosa si tratta. entra, e tu gli spieghi il tuo punto di vista. altri magari, spiegheranno il loro.
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Senbee Norimaki
messaggio 10 Oct 2007 - 14:55
Messaggio #27


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E già che ci siamo, ecco una dichiarazione fresca fresca di Capecchi stesso:

------------------
http://www.lucacoscioni.it/litalia_cambi_idea_sui_divieti

Il premio Nobel "italiano": «L'Italia cambi idea sui divieti, anche in Usa la ricerca sulle staminali embrionali è ostacolata»

NEW YORK- Il ranch sperduto tra i canyon dello Utah dove vive con la moglie Martine e la figlia Misha è tappezzato di tele impressioniste che catturano l'esistenza idilliaca e opulenta della sua famiglia materna. Sono firmate dalla nonna Lucy Dodd-Ramberg, ricca ereditiera-pittrice di Portland e ritraggono sua madre Lucy Jr., poetessa-scrittrice che parlava 15 lingue, il nonno Walter Ramberg, noto archeologo tedesco conosciuto durante una vacanza a Nizza, zio Edward, luminare della fisica, il bisnonno Dodd, che aveva accumulato un'immensa fortuna commerciando con la Cina e il Giappone.

Ma quel mondo dorato che sembra uscito da un romanzo di Henry James non ha mai raggiunto Mario Capecchi. «Non è chiaro se le esperienze premature nella mia infanzia abbiano contribuito al successo di poi o se questi traguardi sono stati ottenuti nonostante quelle esperienze», afferma in tono amletico il premio Nobel per la medicina. La sua rocambolesca odissea esistenziale parte da Verona, la città dove nasce il 6 ottobre 1937. Sua madre è Lucy Ramberg, suo padre Luciano Capecchi, ufficiale e fascista convinto. «Il loro fu amore a prima vista, ma per fortuna mia madre decise di non sposarlo», racconta. Mentre il padre moriva in guerra come pilota nell'aviazione di Mussolini, lei militava tra le file dei Bohemiens, un gruppo francese antifascista e antinazista conosciuto quando insegnava letteratura alla Sorbona. Nel 1941, mentre viveva col piccolo Mario in uno chalet in Alto Adige, Lucy venne arrestata dalla Gestapo e deportata a Dachau come prigioniera politica. Prima di partire la donna affidò il bambino, che aveva circa tre anni e mezzo, ad una famiglia di contadini sudtirolesi. «Li ricompensò con il ricavato della vendita di tutti i suoi averi», spiega Capecchi.

I primi anni nella fattoria furono sereni. «Li aiutavo a mietere il grano, a pigiare l'uva, a infornare il pane». Poi, un bel giorno, i soldi finirono e il piccolo venne messo alla porta dalla famiglia adottiva. «A cinque anni mi ritrovai a girovagare verso sud. Vivevo per strada, tra bande di giovani teppisti e altri orfani senza casa». Dopo quattro anni di vagabondaggio fu ricoverato per febbre e malnutrizione in un ospedale cattolico di Reggio Emilia, dove però non riusciva mai a guarire. «Come gli altri bambini, ricevevo un solo pasto al giorno: una tazza di caffè e una crosta di pane». Voleva disperatamente scappare ma non poteva. «Dormivamo nudi e senza lenzuola sopra il materasso. La suora prometteva di lasciarmi andare se mi si fosse abbassata la febbre. Sapeva che, debilitato e senza vestiti, non sarei fuggito da nessuna parte».

Ed è in questa condizione che sua madre— liberata nel frattempo dagli americani — lo trovò, il giorno del suo nono compleanno, dopo un anno di ricerche. «Mi comprò un vestito da tirolese, con tanto di cappellino con le piume che conservo ancora oggi nel cassetto». Dopo qualche settimana i due salparono per l'America dove vennero accolti in una comunità quacchera vicino a Philadelphia da un fratello della donna, Edward Ramberg, fisico i cui studi contribuirono allo sviluppo del microscopio e della tv a colori. «Era una vera e propria comune utopistica di 65 famiglie vicino a Philadelphia. I miei zii, che erano i fondatori, mi fecero iscrivere alla terza elementare anche se non parlavo l'inglese e non ero mai stato a scuola in vita mia».

L'unico rimpianto, oggi, è di non aver potuto condividere il premio con sua madre. «Quando tornò da Dachau era irriconoscibile. Non superò mai il trauma e ha vissuto in un mondo di fantasia fino alla morte in Arizona, nel 1989». Un altro rimpianto, altrettanto cocente, è quello di «non potere mettere a frutto i miei studi in Italia, dove la ricerca sulle staminali embrionali è vietata». «Oggi anche in America questo tipo di ricerca è difficile e controversa», precisa Capecchi, che si autodefinisce «credente ma non praticante ». «Ma in un futuro non lontano anche l'Italia sarà costretta a cambiare politica — aggiunge — perché così vuole l'opinione pubblica. E perché anche gli individui più devoti hanno il dovere morale di battersi per curare chi già vive e soffre e non solo chi non è mai nato».

Messaggio modificato da Senbee Norimaki il 10 Oct 2007 - 14:56
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Peve
messaggio 10 Oct 2007 - 17:43
Messaggio #28


Pòch ad bòn
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Da: Ferrara
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A questo punto mi pare chiaro che non volesse curare i topi (IMG:http://www.ferraraforum.it/style_emoticons/default/icon_mrgreen.gif)

@NvO: dal punto di vista puramente tecnico hai perfettamente ragione, ma se allarghiamo un attimo le vedute il tuo sottotitolo è tendenzioso (IMG:http://www.ferraraforum.it/style_emoticons/default/icon_smile.gif)

P.S.:Credente non praticante è un termine molto divertente... si vede che ha origini italiane...
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NvO
messaggio 11 Oct 2007 - 04:19
Messaggio #29


sciuscià
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allora peve. il discorso è piuttosto delicato ed è necessario effettuare distinguo ardui quanto fondamentali quando ci si accosta ad un argomento di questa portata.

è chiaro che il fine ultimo del progetto di ricerca (in senso lato) di capecchi non è curare i topi. non ho mai sostenuto questa tesi. ci mancherebbe altro! ma la ricerca non ha avuto ad oggetto cellule embrionali umane. questo è il quadro oggettivo.

è evidente, poi, che il fine è quello di applicare eventuali conquiste scientifiche alla sfera dell'uomo. resta da vedere se sarà possibile individuare applicazioni concrete che non implichino la distruzione di un embrione umano per intervenire su un gene "difettoso" (è in questa prospettiva che entra in gioco la legge 40). sto naturalmente semplificando.

dunque, il mio sottotitolo non è tendenzioso. ma chiarificatore. perché quello di senbee portava alla conclusione che la sperimentazione avesse ad oggetto embrioni umani, il che non è. mentre il mio specifica, da un lato, che concretamente l'attività di ricerca non si è svolta su embrioni umani e, dall'altro, lascia intendere come la medesima ricerca svolta de capecchi negli states si sarebbe potuta benissimo svolgere in italia, non ostando a tal riguardo le previsioni della legge 40. il sottotitolo proposta da senbbe lasiava intandere l'esatto contrario. erroneamente. (IMG:http://www.ferraraforum.it/style_emoticons/default/icon_smile.gif)

Messaggio modificato da NvO il 11 Oct 2007 - 04:20
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Peve
messaggio 11 Oct 2007 - 07:28
Messaggio #30


Pòch ad bòn
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Si, te l'ho detto che dal punto di vista tecnico non fa una piega, le tue motivazioni sono certamente giuste, quello che sostengo io è un po' più astratto come ragionamento.
Il moderatore sei tu, e come ti ho detto, hai anche ragione da un certo punto di vista, quindi la polemica si chiude qui, ma credo che tu abbia capito cosa intendevo io...
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